Hai un Ecommerce. Hai deciso che è arrivato il momento giusto per partire con le attività di marketing automation.
Vorresti aumentare la spesa media per cliente, fidelizzare i clienti, offrire loro un servizio migliore ritagliato sartorialmente sulle loro esigenze e sulle preferenze emerse in fase di acquisto.
Ma tra il dire e il fare, c’è di mezzo il mare, anzi potremmo dire il MALE: la personalizzazione del processo di vendita e post-vendita, comunemente chiamato marketing automation, nasconde una serie di insidie da cui è bene tutelarsi per non sprecare tempo e soldi invano.
Ecco i 7 vizi capitali (dai quali stare bene alla larga) capaci di neutralizzare qualsiasi tuo tentativo di ottimizzazione del customer lifecycle.
1. Non ci sono i presupposti per fare marketing automation
La marketing automation è una disciplina, non una moda. Se fatta nel modo corretto può portare a sorprendenti risultati, ma perché questi risultati si realizzino occorrono una serie di presupposti dai quali non si può prescindere.
In particolare non tutti i settori merceologici e non tutti gli stadi di vita di un ecommerce si prestano alla marketing automation, in particolare rifletti bene se avviare questo tipo di attività nei seguenti casi:
- sei ancora a corto di traffico. Se hai un sito avviato da poco, non è certo sbagliato creare automazioni di marketing, che torneranno utili non appena le visite iniziano a crescere. Però sarà una marketing automation con almeno 2 handicap, 1. non hai dati solidi su cui partire, 2. le campagne non genereranno risultati nel breve periodo e per un pò di tempo non ti sarà dato sapere se funzionano o no
- hai un settore merceologico dove la ricorrenza degli acquisti è assente o rara. In questo caso la domanda che devi porti è: a quale scopo fare marketing automation? Se lavori in un sito che vende cover per cellulari importati dalla Cina, difficilmente riuscirai a far innamorare i clienti del tuo brand, clienti che sono lì solamente perché hanno trovato il miglior prezzo.
- hai problemi più grandi da risolvere. Inutile partire con una attività raffinata come la marketing automation se sei nel mezzo di un restyling della piattaforma, o se non esistono margini sui prodotti tali da poter applicare scontistiche e promozioni.
2. Non partire da un piano strategico di automazioni
Se si decide di fare da soli marketing automation per la prima volta, senza un supporto qualificato, il rischio è sempre quello di trovarsi a creare cose nuove non pianificate in anticipo, spesso sulla base di una certa ispirazione del momento.
Oggi si decide di creare un flusso di email di cross selling per l’acquisto di certe categorie, domani un flusso per l’acquisto di un brand, dopodomani una mail per chi atterra sul sito da una ads specifica.
Il pericolo di questa operazione è che, con il passare del tempo e del numero di automazioni attivate, si perda presto il controllo di quali comunicazioni arrivino a ciascun cliente (vedi punto 5) oltre che perdere la possibilità di monitorare le singole attività e all’occorrenza aggiustarle.
Esistono diversi software gratuiti che ti permettono di costruire mappe mentali (eccone uno ad esempio) dove potrai avere sempre il quadro generale sotto mano.
3. Non partire dall’analisi dei dati storici
Molti titolari di Ecommerce e ecommerce manager credono di avere ben chiaro in testa cosa serva al proprio business e ai propri clienti.
É la situazione di imbarazzo in cui spesso si trovano certe agenzie, che sulla carta vengono pagate per guidare la strategia ma che nella pratica si trovano a dover eseguire direttive calate dall’alto da chi “conosce il business”.
“Guarda, ho tirato su questa attività da zero, posso benissimo affermare che se i clienti comprano delle mele, dopo 2 mesi vogliono ricevere offerte sulle pere” si sente spesso dire.
Ora, spesso è sicuramente vero che l’ecommerce manager di turno conosca il proprio business meglio di una qualsiasi agenzia o consulente là fuori.
Questo know-how interno è di fondamentale importanza per la buona riuscita di un progetto di marketing automation e da un certo verso ne costituisce il punto di partenza.
Punto di partenza che però deve portare ad altro, specie se i dati vanno in altre direzioni.
Il referente interno all’azienda deve essere in grado a un certo punto di “sospendere il giudizio” e non lasciarsi tranne in inganno dalle proprie convinzioni pregresse, sia che ci si affidi ad agenzie esterne sia (e ancor di più) che si voglia fare il lavoro in casa.
Questo know-how interno come dicevamo deve essere integrato con dell’altro, nello specifico con l’analisi quantitativa e l’analisi qualitativa.
Per analisi quantitativa intendiamo tutto ciò che ha a che fare con i numeri:
- l’analisi dei dati di vendita (che puoi fare con Rfmcube): scontrino medio, lifetime value, categorie più acquistate, intervallo medio (in giorni) tra gli acquisti, margini, costo di acquisizione, frequenza di acquisto ecc.
- l’analisi dei dati navigazionali: visualizzazioni pagine, bounce rate, pagine con alta % di uscita, interazioni con customer care, abbandoni di carrello, sorgenti di traffico ecc.
L’analisi qualitativa offre invece una prospettiva di analisi non riducibile a numero, ovvero:
- mappe di calore delle pagine
- videoregistrazioni della navigazione reale degli utenti
- sondaggi su singole pagine (trovate nell’analisi quantitativa)
- questionari ai propri clienti fedeli
- analisi semantica delle conversazioni in livechat
Queste due analisi concorrono assieme a delineare il profilo della Buyer Persona ideale su cui modellare il proprio storytelling e creare sintonia tra la propria offerta e le aspettative dei clienti.
4. Fare software-surfing alla ricerca della funzionalità migliore
Conseguenza diretta del voler partire senza un solido piano strategico, il software surfing è quella attività su cui spesso gli addetti marketing più acerbi rischiano di perderci intere giornate, e consiste banalmente nell’attivare prove gratuite a destra e manca, in un incessante lavoro di confronto tra funzionalità e prezzi alla ricerca del software perfetto per la propria marketing automation, o ancora peggio alla ricerca della combinazione perfetta di software (attività che può presto diventare infinita).
Anche qui va detto che, in fase di pianificazione iniziale, investire del tempo per fare software selection è di vitale importanza. Dal momento che sulla base dei software scelti verrà costruita tutta l’architettura di automazioni, compiere errori in questa fase può tradursi in un gigantesco lavoro a valle di “migrazione” delle automazioni da un software all’altro.
Ma è anche vero che una volta individuata la/le soluzioni che permettono in maniera sostenibile di portare a compimento tutte le attività prefissate (email mkt, audience dinamiche facebook e google, popup, notifiche push, replace html ecc.) bisognerebbe chiudere tutte le altre piattaforme senza troppi ripensamenti e iniziare a dedicarsi seriamente alla parte di lavoro manuale (vedi punto 4).
Scrivo questo perchè troppe volte abbiamo assistito a una sportivizzazione della disciplina “Software selection” all’interno delle aziende, che funziona più o meno nel seguente modo: si inizia a lavorare con un software, si portano a termine costose integrazioni tecniche, si pagano 2-3 mesi di abbonamento facendo poco o niente di concreto, per poi dare la colpa al software e passare a testarne un altro, in sostanza non portando mai a conclusione il lavoro di marketing automation progettato in partenza, in una sorta di limbo eterno.
È bene così ribadire l’approccio P.O.S.T: People, Objective, Strategy, Tool.
La scelta dello strumento viene dopo l’analisi delle Buyer Personas, la definizione degli obiettivi e la strategia con la quale conseguirli. Affrontare questi passaggi in modo superficiale porta poi ad accorgersi delle proprie necessità troppo tardi ed essere così costretti a saltare dal treno quando è già in corsa.
Ma questo approccio ci dice anche che gli strumenti…non sono altro che strumenti!
Evita di innamorarti della ricerca di software fine a se stessa e utilizza i Saas per quello che sono: strumenti per applicare una strategia che possa portare a dati risultati, non un fine, ma un mezzo!
Quindi seleziona bene i tuoi software, ma una volta partito evita di tornare indietro se possibile.
5. Sottovalutare l’effort di lavoro manuale a scapito della strategia
Abbiamo una solida strategia basata sui dati e i giusti software integrati tra loro.
Bene, dirai, siamo già a metà strada!
E invece poi scopri che nel piano strategico di automazioni ci sono da realizzare 72 email, 5 landing pages, un ebook, 20 annunci di retargeting, con annesse grafiche personalizzate e copy.
Chi lo fa ora il lavoro “manuale”?
Questo è il punto secondo me più importante di tutti. Solitamente le aziende arrivano a questo punto dopo aver investito gran parte del loro budget in strategia e software, con l’idea che il lavoro manuale, in sé, lo può fare chiunque anche senza grandi competenze.
Il risultato di questa mentalità è che il lavoro strategico viene fatto dai professionisti (l’ecommerce manager se ne è in grado, oppure consulenti o agenzie esterne) mentre i contenuti vengono delegati all’ultimo stagista entrato il mese scorso in azienda.
Lasciati dire chiaramente che questo modo di ragionare non funziona: ci si trova con un sacco di idee interessanti che vengono realizzate male, dunque di per sé idee che rimangono inutili.
La scrittura e le immagini, dal punto di vista di un utente che naviga sul web, sono tutto. Come puoi persuadere qualcuno a fare qualcosa, se non dedichi il giusto tempo a scrivere contenuti di valore, accompagnati da grafiche accattivanti?
Se proprio devi scegliere, meglio una strategia mediocre realizzata con ottimi contenuti, rispetto a una ottima strategia realizzata male.
6. Fare over-automation
Veniamo all’ultimo punto, e diamo per assodato di non aver fatto errori nei punti precedenti: dunque abbiamo una ottima strategia, che parte da solidi dati, abbinata ai giusti software, il tutto dato in pasto a eccellenti copywriter e grafici.
Rimane un ultimo ma non meno grande pericolo: la over-automation!
Sei mai capitato su un sito di Ecommerce dove appena atterrato compaiono in sequenza un popup di iscrizione alle notifiche push, un popup con sconto 10% se ti iscrivi alla newsletter, l’icona della livechat e una barra con una offerta valida fino a mezzanotte?
Poi ti iscrivi alla newsletter e partono 3 email al giorno di offerte, tutte rigorosamente imperdibili?
Ecco la over-automation.
Questo succede in primo luogo quando non si ha una strategia chiara che parta da una segmentazione ben definita dei clienti e del loro ciclo di acquisto.
Questa segmentazione si ottiene anzitutto definendo in maniera chiara i macro-segmenti su cui andare a lavorare, che devono essere trattati a compartimenti stagni per evitare sovrapposizioni.
Non bisogna sottovalutare l’individuazione dei macro-segmenti perché saranno le fondamenta di tutta l’impalcatura di marketing automation che si andrà a realizzare.
Se stiamo lavorando in un settore ad elevata ricorrenza di acquisto, potrebbe avere senso iniziare da una macro-segmentazione su scala Frequency (numero di acquisti) e Recency (giorni dall’ultimo acquisto) trovando così:
- potenziali clienti (zero acquisti)
- clienti 1° acquisto
- clienti ricorrenti (2-10 acquisti)
- clienti VIP (+ 10 acquisti)
- clienti dormienti (90 giorni da ultimo acquisto)
- clienti ibernati (1 anno da ultimo acquisto)
Se la gamma di prodotti offerti è diversificata su più categorie merceologiche distanti tra loro (es. barbecue, tende da campeggio, abbigliamento nautico, attrezzature da giardino) può essere conveniente invece adottare una macro-segmentazione sulla base delle Buyer Personas:
- amanti delle grigliate
- amanti del trekking
- amanti della navigazione a vela
- amanti del giardinaggio
- ecc.
andando solo in un secondo momento a suddividere il lifecycle dei singoli cluster sulla base dell’analisi Rfm.
Se le vendite del canale Ecommerce sono in sinergia con quelle di negozi fisici in una ottica Omnichannel, alla vendita online si affianca la necessità di promuovere saldi e aperture di nuovi punti vendita, per cui l’inizio sarà:
- clienti di province in cui esiste un punto vendita
- clienti di province dove non esistono punti vendita
e tutto il resto sarà secondario.
Se il tuo Ecommerce si rivolge sia ai privati che alle aziende, come prima cosa dovrai separare e chiudere in due mondi distinti e incomunicabili:
- clienti B2C
- clienti B2B
7. Non ottimizzare l’architettura nel tempo
Infine arriviamo all’ultimo ma non meno grave vizio capitale della Marketing Automation per Ecommerce.
Abbiamo creato e attivato tutti i funnel di email e ads sulla base di una solida analisi e finalmente riusciamo ad accompagnare i clienti nel loro LifeCycle attraverso comunicazioni personalizzate.
Molti in questa fase compiono l’errore di tirare un sospiro di sollievo e dichiarare finalmente conclusa l’attività, che lasciano girare in automatico quasi dimenticandosene.
Settimana dopo settimana controllano ossessivamente i report di GA4 e affini per vedere se le campagne di marketing automation producano sessioni con transazioni, e nel caso questo non succeda maledicono il tempo perso.
A questo proposito vanno fatte due considerazioni.
La prima è che terminare la costruzione di email e ads progettate e attivare il flusso completo di automazioni (dalle attività di acquisizione a quelle di fidelizzazione) non significa aver concluso con l’attività di marketing automation ma aver iniziato.
L’intera architettura messa in produzione ha bisogno di una serie di interventi di “tuning” per operare modifiche e aggiustamenti a seconda delle risposte comportamentali degli utenti.
È impensabile dichiarare di sapere tutto “a priori”, anche con le migliori analisi del mondo, e spesso le nostre aspettative si scontrano con realtà diverse.
Inutile accanirsi su un programma a punti se l’evidenza mostra che nel tuo settore gli utenti non sono interessati a queste cose, o continuare a proporre gli stessi sconti per recuperare clienti se, conti alla mano, si rivelano fallimentari.
Quello che voglio dire è che poi le cose vanno testate e sperimentate per arrivare a una corretto settaggio, in un processo circolare di TEST > ANALISI > OTTIMIZZAZIONE che deve essere mantenuto attivo nel corso del tempo.
La seconda considerazione è che, premessa l’assoluta importanza di tracciare e monitorare più cose possibili, ci sono zone d’ombra della marketing automation che non possono essere ridotte a numeri.
Mi spiego.
Creare un follow-up con una serie di email mirate che diano consigli sull’utilizzo di un particolare prodotto ai clienti (ebook, una serie di articoli best practices ecc.) si rivela un ottimo modo di fidelizzare i clienti, ma NON produrrà conversioni dirette su Analytics.
Vuol dire che l’attività è sbagliata? No, solamente è una attività distante dal traguardo di conversione.
Lo stesso principio può essere applicato alla personalizzazione delle pagine: una homepage personalizzata in base ai propri acquisti è sicuramente un posto più invitante per i clienti ricorrenti, ma non aspettarti per questa ragione una impennata di acquisti.
Prendiamo ora due casi opposti: una mail di benvenuto con sconto sul primo acquisto, e una mail di recupero carrello abbandonato.
Entrambe le mail, non appena attivate inizieranno a produrre risultati ben visibili, non importa quale strategia si decida di adottare, e non importa nemmeno partire da alcun tipo di analisi: produrranno risultati e basta!
Il successo di queste mail nasconde un trucco: si rivolgono a utenti con una forte intenzione di acquisto, acquisterebbero probabilmente in ogni caso anche senza le tue mail.
In questi casi la marketing automation rischia di attribuirsi vendite che non le spetterebbero e le favolose analisi che troverai su Analytics e affini vanno prese con le pinze, anzitutto cercando un confronto con archi temporali precedenti per avere una stima verosimile del loro impatto.
Questo per dire che la marketing automation ha un orizzonte più ampio e complesso della riduzione “mando una mail > vedo se vende” e deve essere misurata nel suo impatto complessivo sui percorsi di conversione, non prendendo in considerazione soltanto l’ultimo miglio.
Conclusioni
Quelle che abbiamo visto sono le principali insidie che affliggono gli esperti della marketing automation più acerbi.
Se vuoi partire con il piede giusto, ti consigliamo di consultarti con una delle agenzie top partner di Rfmcube o richiedere una call gratuita direttamente con noi.
Se ancora non hai provato Rfmcube, ti invitiamo ad effettuare la prova gratuita a questo link.